( di G. C. Fighiera)
La storia del medico oculista polacco Zamenhof è la storia della sua lotta per unire e affratellare l’umanità. Come è noto, fin dalla sua adolescenza, Zamenhof era stato dolorosamente colpito dalle sanguinose guerre e dai conflitti etnici e religiosi che da secoli devastavano il mondo, e ne aveva individuato tre cause: la babele delle lingue, gli odi religiosi e l’ipernazionalismo.
Contro quest’ultima causa propugnava il patriottismo puro, ossia l’amore per il proprio Paese, in opposizione contro lo sciovinismo, l’odio verso l’altrui gente. Nel 1914, in piena guerra mondiale, in un appello ai diplomatici lanciava due concrete proposte che precorrevano i tempi: la formazione degli Stati Uniti d’Europa (idea oggi attuale) e la creazione di un tribunale europeo (realizzato nel 1952 con la Corte di Giustizia dell’UE, Lussemburgo).
In merito all’altra causa di divisioni, quella religiosa, aveva fondato un movimento detto “umanitarismo” con l’intento di avvicinare i credenti delle religioni monoteistiche, nel rispetto totale delle fedi e dei riti di ciascuna: non era un sincretismo, tanto meno un super-ecumenismo, ma piuttosto una posizione etica. A distanza di oltre un secolo la proposta di Zamenhof si è avverata almeno parzialmente nell’odierno dialogo fra le tre religioni, dialogo impensabile nei decenni precedenti.
La terza battaglia di Zamenhof, la più nota, era rivolta contro le barriere linguistiche e si sviluppò con la creazione dell’esperanto. La sua lingua ausiliaria introduceva sin dall’origine un nuovo doppio principio nella comunicazione fra le genti, ossia l’uguaglianza di tutte le lingue e culture nella loro funzione, e il conseguente rifiuto della ciclica supremazia di una lingua nazionale su tutte le altre in campo internazionale. Prefiggendo la lingua supernazionale neutrale esperanto, Zamenhof seguiva in tal modo il percorso già indicato da Cartesio e Leibniz.
Il rispetto dell’uguaglianza delle lingue sarà ripreso nel 1948 dalle Nazioni Unite nell’art. 2 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo che -oltre alle discriminazioni politiche, sociali, etniche, religiose e di genere- vieta specificatamente anche le discriminazioni linguistiche.
Pur definendosi supernazionale e neutrale, la lingua di Zamenhof non è artificiale, giacché non si tratta di un idioma inventato, bensì di una lingua pianificata, basata sulle lingue indo-europee purificate da ogni irrazionalità: una lingua dotata di poche regole senza eccezioni e di una grande flessibilità lessicale.
Oltre a proporre un nuovo mezzo di comunicazione neutrale Zamenhof vi ha immesso fin dall’inizio un valore etico superiore, insistendo sulla sua funzione di strumento di unità e fratellanza tra gli uomini; non è possibile leggere le opere di Zamenhof senza rimanere colpiti dalla passione con la quale ha difeso questo ideale, sacrificandogli egli stesso, fin dall’adolescenza, tutta la sua vita.
Tuttavia, la lingua di Zamenhof sarebbe rimasta allo stato larvale se il suo creatore non l’avesse anche dotata di una letteratura, nata dalle sue traduzioni, in primis della Bibbia, e dalle sue opere in prosa e poesia.
Sono passati più di 120 anni da quel 1887 in cui nacque l’esperanto di Zamenhof. Un periodo molto breve nella vita di una lingua. Oggi l’esperanto è diventato una lingua viva, sia pure ancora insufficientemente conosciuta, usata in convegni e rapporti interpersonali, persino in famiglie multinazionali, da una comunità sparsa in un centinaio di Paesi. I suoi valori sono stati sottolineati da due risoluzioni dell’Unesco, votate rispettivamente a Montevideo e a Sofia (1954, 1985).
Al nome di Zamenhof sono dedicati nel mondo -anche in Italia, anche a Torino- oltre mille monumenti, piazze, strade, emissioni filateliche, persino asteroidi, navi e treni.
Il trascorso 2017, è stato dedicato dall’Unesco alla commemorazione del centenario della morte di Ludovico Lazzaro Zamenhof. E’ stato così reso omaggio, in nome dei 200 Stati aderenti all’Unesco, ad una figura storica inserita nella lista ufficiale delle grandi personalità del mondo.