Un secolo di traduzioni letterarie dall’italiano in esperanto
Quarto capitolo di “Un secolo di traduzioni letterarie dall’italiano in esperanto” di Carlo Minnaja.
1.4 Una nuova antologia
Un significativo giro di boa nella poesia si ha con El Parnaso de la popoloj (Dal Parnaso dei popoli), di A. Grabowski (Ed. Pola Esperantisto, Varsavia, 1913). È un’antologia poetica, che arriva precisamente vent’anni dopo La Liro de la Esperantistoj. Quali novità? Iniziamo da una delle sei poesie originali messe all’inizio. Una delle accuse fatte alla validità di una lingua pianificata come lingua letteraria era che, essendo la morfologia estremamente regolare, potevano solitamente rimare tra loro soltanto parole della stessa categoria grammaticale: un sostantivo singolare con un sostantivo singolare, un indicativo presente con un indicativo presente, un avverbio derivato con un avverbio derivato, un infinito con un infinito. Che questo crei monotonia e quindi abbassi il valore letterario sarebbe da discutere: ad esempio, in italiano non viene affatto sentita come rima troppo facile e quindi banale una rima tra due infiniti della stessa coniugazione o tra due participi. Il Grabowski contesta tale accusa di monotonia o di banalità, e in una poesia di dieci quartine a rime alterne abab riesce a far rimare parole di categorie differenti, utilizzando nomi propri, troncamenti, preposizioni, pronomi, congiunzioni, numerali, esclamazioni, particelle varie, parole tutte che sfuggono alle desinenze obbligate. La poesia è un virtuosismo e si legge con un sorriso di apprezzamento per l’autore che ha saputo dimostrare come certe accuse di scarso valore letterario siano inconsistenti; ma è un esempio di quanto la tecnica poetica si sia evoluta in un quarto di secolo dalla nascita della lingua. Le poesie della Liro del 1893, ma anche quelle della Fundamenta Krestomatio del 1903, appaiono lontane: non vi sono costruzioni forzate per sostenere il ritmo di un verso o per ricercare una rima altrimenti difficile, la poesia tradotta si legge e si recita come una originale. Del resto, una traduzione che non sia valida come poesia a sé stante, indipendente dall’originale, certo non soddisfa il compito principale del traduttore: trasmettere un’immagine autentica del livello artistico della poesia originale, e quindi dell’autenticità artistica del poeta che si traduce. In El Parnaso de la popoloj spesso all’inizio della composizione è indicato il ritmo di lettura, solitamente una successione di trochei e amfibrachi, a volte con una sillaba soprannumeraria in inizio di verso o dopo una cesura. Certo, ci sono ancora margini di miglioramento, e varie poesie che compaiono qui avranno poi altre redazioni migliori; ma il Grabowski, che è l’autore di tutte le 110 traduzioni da 30 lingue, si afferma davvero come il “padre della poesia in esperanto”. Ben 44 sono traduzioni dal polacco, lingua in cui il Grabowski si sente perfettamente a suo agio, ma figurano il georgiano e il serbo, il fiammingo e il greco moderno, il latino e il giapponese[55]. L’italiano figura con quattro poesie: l’arietta del Metastasio già presente nella Liro (ma in forma rimodernata), il sonetto Tanto gentile di Dante, e due canzoni: Caro mio ben (musica di Tommaso Giordani) e L’ho veduta distesa sul suo letto (musica di Luigi Denza). Le due canzoni sono perfettamente cantabili secondo le melodie dei versi italiani. Anche altre composizioni in altre lingue sono brani musicati.
Più ricco per quanto riguarda l’italiano il ben più modesto Postrikolto[56] (Spigolatura), un piccolo opuscolo con 20 poesie, apparso postumo nel 1921 subito dopo la morte di Grabowski, a cura del suo collaboratore spagnolo Julio Mangada Rosenörn[57]. L’autore lo intendeva come supplemento a El Parnaso de la popoloj, e vi figurano ancora altre lingue, come il maltese. Per l’italiano c’è Di se stessa invaghita e del suo bello del Tasso, Mia Madre di De Amicis, Assona il cielo bianco il vento stanco di Fogazzaro, È buja la valle, ma i pini del monte di Tommaseo.
Per quanto uscito nel 1921, il supplemento Postrikolto può considerarsi l’ultima antologia con struttura prebellica: le poesie si susseguono in ordine alfabetico di lingua, non vi è nessun criterio di scelta, lo scopo è quasi di stupire con il numero delle lingue, per dimostrare che l’esperanto apre molte più porte che non una lingua nazionale. L’intento propagandistico tuttavia si sposa con la realtà: nelle lingue nazionali non sono frequenti antologie con traduzioni da un numero così elevato di lingue, in particolare non sono frequenti traduzioni da lingue poco note; e proprio a queste l’esperanto dà una dignità fino allora sconosciuta, adempiendo al suo compito di abolire differenze basate non sul valore letterario delle singole opere, bensì sul prestigio delle singole lingue in cui tali opere sono scritte.
Note
[56] A. Grabowski, Postrikolto, Madrid/Warszawa, 1921. [57] Julio Mangada Rosenörn (1877 – 1946), colonnello dell’esercito spagnolo, medaglia d’oro, si distinse nelle milizie repubblicane durante la guerra civile. Molto attivo nel movimento esperantista come redattore e poeta, redasse una antologia di poesia spagnola in esperanto. [58] Il congresso del 1910 si svolse a Washington e quello del 1915 a San Francisco (quello del 1914 a Parigi fu sospeso per lo scoppio della guerra). Dopo il conflitto i congressi ripresero nel 1920 ed ebbero una nuova sospensione dal 1940 al 1946; si svolsero tutti in Europa fino al 1965, quando il congresso fu a Tokio. L’eurocentrismo del movimento esperantista si è andato successivamente affievolendo e negli ultimi trent’anni i congressi sono stati tenuti non di rado in Asia, America, Australia.Torna al Capitolo 1.3